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La quarantena

È successo mercoledì notte scorso. Camilla si sveglia urlando e serve un po’ per calmarla. Un incubo pensiamo e a fatica riprendiamo sonno. Con il senno di poi mi sembra il vero allarme.

La mattina dopo ci trasciniamo al lavoro ma, dopo pranzo, siamo costretti a fare una pausa tutti e tre.

Il dubbio c’era, i tamponi l’hanno confermato, chi prima chi dopo.

Quel che ricorderò perfettamente di questi giorni sono le mille telefonate andate a vuoto perché dall’altra parte c’è qualcuno di oberato.

Un sistema complesso che non si prende cura di te ma ti mette nelle condizioni, mentre stai male, di doverle fare queste mille telefonate.

Ti viene consegnato in mano un certificato di isolamento ma mica nessuno si preoccupa, nel rimandarti a casa, se hai quel kit di medicine di base che potrebbero servirti in caso di sintomi.

C’è in effetti scritto che dovresti rivolgerti al medico di base. Peccato che il tutto equivalga ad altre ore di tentativi e attese rimandando ulteriormente la somministrazione dei farmaci corretti. Se poi i dottori di riferimento sono due perché il secondo è il pediatra, non vi dico la disperazione.

Tenendo conto che nulla succede mai nei loro orari di apertura al pubblico. Oltre ci dovrebbe essere la guardia medica ma la costante è la segreteria che vi comunica che sono occupati in visite a domicilio.

Ve ne potrei raccontare mille su quello che ho visto e pensato in questi giorni.

Noi siamo stati fortunati, sono bastate poche cure per migliorare velocemente. Sul finale e driplando gli ostacoli, le nostre risposte le abbiamo ottenute e abbiamo anche incontrato persone disponibili.

Ma io quell’ultima corsa in bicicletta verso la farmacia per recuperare un medicinale per Camilla me la ricordo bene. Avevo paura. Paura di non sapere a chi affidarmi in caso di bisogno.

Mi sa che ora ci godremo un po’ di serena guarigione, ma non dal Covid, dal sistema. Confidando di non averne più bisogno per un bel po’ 🤞🏻

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